Ieri ho finito di leggere Montecore. Mi è piaciuto molto. Ci sono libri che devi leggere al momento giusto per poterli apprezzare a pieno e credo che non ci potrebbe essere momento migliore per leggere questo romanzo. Stranieri che si trasferiscono in Svezia, i pro e i contro che l’emigrazione comporta, il senso di identità individuale e comunità, una Svezia rappresentata con tutto ciò che si considera tipico, ma anche i problemi e i conflitti interiori. L’approccio con una nuova lingua che non è solo un mezzo per comunicare, bensì denota un modo tutto diverso di vivere la quotidianità e i rapporti umani.
Mi piace pensare che il merito del buon risultato del romanzo si debba anche al traduttore. Non sono ancora pronta per leggere un intero romanzo in svedese, soprattutto uno in cui l’autore gioca molto con la lingua. Dicevo, che considero notevoli i meriti del traduttore, un amico ritrovato che, di fronte a una tazza di tè, una di caffè latte e una bomba di cioccolato, nello scenerio di Stortorget, mi ha parlato di pregi e difetti di una società da cui si è lasciato adottare.
Pagina dopo pagina, ho camminato per le vie, le piazze e i ponti di Stoccolma insieme ai personaggi del libro, ho riso dei giochi di parole e ho riletto il mio stupore nelle loro parole. Dicevo ieri parlando con un amico, che un libro mi piace quando mi apre un nuovo universo di pensieri o riesce a far leva su uno spiraglio pronto a svilupparsi. Con questo romanzo è andata così. Il titolo, inoltre, racchiude un sentimento che sento molto vicino.
Inutile dire che avrei voglia di tornare, di conoscere meglio la città e la società e soprattutto sono curiosa di vedere Stoccolma nelle altre stagioni dell’anno. D’estate è bellissima, ma potrei sopravvivere a un lungo inverno?
Montecore
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